sabato 1 marzo 2008

Perché Sanremo non è più Sanremo

Sono qui davanti alla TV a guardare Sanremo. E' solo musica leggera ma la dobbiamo cantare, come diceva Fossati. Seguo il festival da quando ero bambino, mi ricordo Stevie Wonder che cantava "Se tu ragazza mia" e Wilson Pickett con "Deborah". Sono anche stato a Sanremo come inviato per cinque edizioni nei primi anni '90, ho un ricordo preciso degli alberghi dei cantanti, della sala stampa e delle feste notturne. Una volta ho condiviso un viaggio in ascensore con Ray Charles. E naturalmente ricordo il Teatro Ariston, che in realtà è solo un cinema non troppo diverso dal Metropolitan di Ancona, Tutto il resto sono apparenze, magie degli scenografi e della televisione.
Questa edizione dal punto di vista musicale non mi sembra memorabile. Ma il vero problema, quello che ha causato il crollo nervoso di Pippo, è il calo degli ascolti. Non credo dipenda dalla pur scadente qualità musicale, ma da un modo di fare televisione ormai passè, legato a vecchi stili e soprattutto a tempi ormai non sostenibili. Tutto deriva dalla "sindrome di Striscia", ovvero il fatto che ormai i programmi di prima serata devono cominciare alle nove e mezzo, perchè prima c'è la fascia post TG che Ricci e i suoi hanno reso obbligatoria. Una volta il festival cominciava dopo il TG1: sigla, due parole dei presentatori e via con la prima canzone. Adesso si parte un'ora più tardi, dopo avere sopportato Frizzi e i suoi giochi idioti. E si comincia a rilento con gag resistibili, convenevoli e riti vari. A mezzanotte la fine è ancora lontana. Logico che la gente zappi altrove.
P.S. Premio antipatia a Zampaglione e Tiromancino.

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