giovedì 28 maggio 2009

Sarà Putin a salvare il pianeta?

Dopo anni di indifferenza, la Federazione Russia ha preso una posizione ufficiale sul tema dei cambiamenti climatici, emanando una "dottrina" che conferma la causa antropica e mette in guardia il paese più esteso del pianeta, ribadendo che le mutazioni climatiche provocheranno una contrazione del PIL russo tra il 2 e il 5% e che già oggi gli eventi collegati al cambiamento climatico come inondazioni, tempeste e siccità costano alla Russia 60 miliardi di rubli l'anno, circa 1.4 miliardi di Euro.
Questi dati sono compresi in un rapporto presentato da Росгидромет (Roshydromet), il servizio metereologico federale russo. Dallo studio risulta che rispetto al 1907 le temperature in Russia sono cresciute di 1.3 °C, il doppio rispetto alla media mondiale. Tra gli autori del rapporto c'è Yuri Izrael, già vicepresidente dell'IPCC, il gruppo di scienziati insediato dall'ONU sul clima, uno studioso che non aveva mai nascosto il suo scetticismo sulla relazione tra cambiamento climatico e attività umane. Oggi invece il rapporto parla di "convincenti prove della causa antropica del riscaldamento globale".
La Russia aveva avuto un ruolo cruciale nel 2004, quando sottoscrisse il protocollo di Kyoto e lo fece entrare in vigore, superando la soglia minima globale di paesi aderenti. La ratifica russa di Kyoto fu indolore, perché la recessione economica post sovietica permetteva alla Russia di raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni senza alcun intervento, aprendo anzi prospettive economiche interessanti sul mercato dell'emission trading.
Oggi, dopo cinque anni di assenza dai tavoli politici sul clima, Putin e Mosca tornano protagonisti e potrebbero essere decisivi nelle trattative di Copenhagen, rubando la scena alla Cina e agli altri paesi emergenti. Fonti russe sostengono che Putin abbia avviato la stesura di un piano nazionale in cui la priorità dovrà essere l'efficienza energetica.
La Russia vive direttamente il problema della riduzione del permafrost, il terreno ghiacciato delle tundre che occupa il 60% dell'immensa superficie del paese (17 milioni di Kmq). Secondo uno studio di Nature il riscaldamento globale porterà a un arretramento delle tundre verso nord. Nei primi anni la nuova vegetazione produrrà ossigeno che compenserà la immissione in atmosfera del CO2 intrappolato nel terreno gelato, ma dopo alcune decadi le emissioni di gas serra saranno prevalenti fino alla cifra di un miliardo di tonnellate l'anno di CO2. Una quantità notevole, pari a quanto deriva della deforestazione tropicale e considerando che oggi i combustibili fossili producono 8.5 milardi di tonnellate di CO2 in tutto il mondo. Il terreno congelato delle tundre trattiene il doppio del CO2 presente in atmosfera.

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