martedì 1 giugno 2010

Europa, Crisi e Clima

Analizzando la comunicazione della Commissione Europea su costi, benefici e opzioni legate alla scelta di un target di riduzione delle emissioni di CO2 (COM(2010) 265/3) si scoprono dei dati molto interessanti. Il dubbio dei 27, come è noto, è tra mantenere l'obiettivo di riduzione al 20% al 2020, come deciso nel 2007 e ratificato dal Consiglio Europeo nel "pacchetto clima" del dicembre 2008, oppure aumentarlo al 30%.
Cominciamo dal fatto che la crisi economica ha ridotto le emissioni molto più di qualunque decisione politica. Nel 2009 le emissioni di CO2 sono calate del 11.6% rispetto al 2008, come certifica il comunicato stampa di Bruxelles. Di conseguenza anche il prezzo del carbonio non è aumentato come previsto, anzi. Quindi tutti i conti di previsione sono da rifare.
Quando nel 2008 fu deciso l'obiettivo di riduzione del 20% delle emissioni entro il 2020 fu predisposta una stima economica che indicava un costo pari allo 0.45% del PIL europeo per raggiungere il risultato. Oggi queste cifre sono già ridotte di un terzo e potrebbero calare ulteriormente, riducendo il temuto impatto economico della manovra climatica. Le nuove stime prevedono un costo ad obiettivo raggiunto, quindi al 2020, pari a 48 miliardi di Euro, ovvero lo 0.32% del PIL europeo. Altrettanto vale per il carbonio, che dovrebbe essere scambiato nel 2020 a 16 € a tonnellata.
Lo so, tutte queste cifre annoiano e fanno confusione, ma sono molto importanti per capire il futuro dell'energia e delle emissioni in Europa.
Per ultimo, con queste stime aggiornate quanto costerebbe all'Europa l'obiettivo di ridurre le emissioni di CO2 del 30% entro il 2020? Più o meno 81 miliardi di Euro, pari allo 0.54% del PIL. In pratica solo un quinto in più rispetto alla previsione del 2008 sulla riduzione al 20%, che era dello 0.45%. Quando nel 2008 fu annunciato il taglio del 20% il presidente Barroso disse che non mettere in atto un piano di riduzione delle emissione sarebbe costato all'Europa molto più caro, qualcosa tra il 5 e il 20% del PIL.
Tra le nazioni più fieramente opposte ad aumentare al 30% l'obiettivo europeo c'è da sempre l'Italia. Il presidente del consiglio e il ministro invisibile dell'ambiente hanno osteggiato in ogni occasione questa opzione. Altrove la green economy è l'elemento trainate di una difficile ripresa, dalle nostre parti si parlava solo di nucleare, prima delle dimissioni di un ministro opaco e sbruffone.
Da allora in Italia solo silenzio.

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