martedì 4 dicembre 2012

Perché non sono andato a Doha

Ho seguto le conferenze delle Nazioni Unite sul clima dal 2007 fino allo scorso anno, come delegato per le reti di enti locali. Nell'ordine Bali, Poznan, Copenhagen, Cancun e Durban. Ogni anno diverse aspettative ed esiti differenti. Ogni volta la sensazione che fosse valsa la pena di esserci, di avere partecipato ad un evento importante portando una voce in più.
Quest'anno non sono andato alla COP 18 di Doha. Non per motivi economici, anche se la crisi morde. Del resto la scorsa settimana ero ad Abu Dhabi per un altro impegno e un biglietto aereo dagli Emirati Arabi in Qatar costa come un viaggio in treno da Roma a Milano. Sì, avevo altre cose da fare, ma uno spazio sarei riuscito a trovarlo. Non sono andato a Doha perché l'agenda fissata lo scorso anno a Durban non lasciava grandi spazi di discussione o di intervento. Leggo le cronache, dove le mie impressioni sembrano confermate.
Qualcuno ha scritto che questa è una COP burocratica. Di certo è la meno frequentata degli ultimi anni. Poi i delegati riescono a complicarsi la vita anche questa volta, rendendo complicato quello che sembrava un passaggio formale o poco più. Da Doha si dovrebbe uscire con l'accordo per un secondo periodo di impegni dopo il Protocollo di Kyoto, che scade a fine mese. Con le conclusioni del gruppo di lavoro sulla cooperazione a lungo termine (AWG-LGA), che dovrebbe lanciare le basi per il nuovo trattato da sottoscrivere entro il 2015 per entrare in vigore entro il 2020. Stiamo a vedere. Sostenibilitalia continua a seguire quanto sta succedendo nei negoziati globali sul clima, stavolta da lontano.

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